UNA PRESENTAZIONE DELLA PATRIS CORDE DEL PADRE GENERALE
- 26 Dicembre 2020
PATRIS CORDE
Lettera Apostolica in occasione del 150° anniversario
della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale
Una possibile presentazione
- Le premesse
L’anno 1870 fu veramente difficile per tutta la Chiesa e in modo speciale per il papa Pio IX. Data la situazione politica e militare fu sospeso il Concilio Vaticano I, facendo ritornare i padri conciliari il più presto possibile alle loro sedi.
Il 20 settembre 1870 l’esercito italiano entrava in Roma, determinando la caduta del cosiddetto potere temporale dei papi; Pio IX si ritirò nei palazzi vaticani, dichiarandosi prigioniero sentendo minacciata la libertà necessaria all’esercizio del suo mandato di Vicario di Cristo.
Si aprì un tempo di difficili rapporti tra Stato e Chiesa in Italia; molti italiani ebbero problemi di coscienza non sapendo come conciliare l’essere fedeli allo Stato Italiano e l’essere fedeli al papa. Nella biografia del Murialdo si possono trovare diverse considerazioni su come egli leggesse questi fatti.
Occorre arrivare a Paolo VI per sentire un papa che legge quegli eventi dentro un progetto della Provvidenza, concetto ripreso dal segretario di Stato Vaticano cardinal Pietro Parolin in occasione del 150° anniversario del 20 settembre.
L’8 dicembre 1870 Pio IX proclamò san Giuseppe quale patrono della Chiesa Universale. Il papa invitava tutti i fedeli ad affidarsi al patrocinio di san Giuseppe, a colui che aveva difeso Gesù e Maria e che ora era chiamato in causa per essere il difensore della Chiesa di Cristo.
Nel corso dell’anno 2019 alcune congregazioni, tra cui la nostra, avanzò a papa Francesco la richiesta di un “segno” che ricordasse tale avvenimento. Non so se ci furono risposte o indicazioni in merito.
L’8 dicembre 2020 papa Francesco ha pubblicato la Lettera Apostolica PATRIS CORDE (PC) e ha indetto un anno dedicato a san Giuseppe.
1.Introduzione
Dopo aver ricordato l’occasione che motiva la PC, papa Francesco dice che vuole condividere alcune sue riflessioni personali sulla straordinaria figura di san Giuseppe.
Quindi la prima vera considerazione: “San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti e in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”. San Giuseppe “che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana e nascosta” può essere un intercessore ed una guida per tutti coloro che non vengono considerati protagonisti, che non sono alla ribalta della scena della storia, che non fanno notizia, ma che realizzano la loro vocazione in silenzio e con costanza.
- Padre amato
Seguono quindi sette capitoletti che hanno come prima parola “padre” e che nelle varie definizioni descrivono diversi aspetti della figura e della missione di san Giuseppe.
Per noi può sembrare strano che non ci sia un capitoletto intitolato a san Giuseppe “Padre che educa”, tuttavia sono diversi gli accenni specifici all’opera educativa di san Giuseppe e in particolare lo sono le considirazioni al n. 7.
Il papa ricorda che san Giuseppe è stato sempre molto amato dal popolo cristiano e la devozione ha avuto espressioni particolari nel giorno del mercoledì di ogni settimana, in occasione della festa liturgica il 19 marzo, nella celebrazione della novena e del mese di san Giuseppe.
Viene ricordata santa Teresa d’Avila quale grande devota di san Giuseppe.
- Padre nella tenerezza
Scrive papa Francesco: “Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe”. Il Murialdo ci ricorda che una caratteristica dell’amore di Dio è appunto la tenerezza, e come sarebbe bello se noi, Famiglia del Murialdo, fossimo capaci nel nostro servizio pastorale-educativo a trasmettere qualcosa della tenerezza di Dio ai giovani, ai ragazzi, alle famiglie.
Il papa continua ricordando che Dio realizza il suo disegno di salvezza attraverso e nonostante la nostra debolezza e scrive: “Se questa è la prospettiva dell’economia della salvezza, dobbiamo imparare ad accogliere la nostra debolezza con profonda tenerezza”. E spiega: “San Giuseppe ci insegna che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza”. Quindi lasciamo a Dio il timone della nostra barca. Il Murialdo diceva: “Siamo nelle mani di Dio, siamo in buone mani”.
- Padre nell’obbedienza
Papa Francesco ripercorre i quattro sogni di san Giuseppe per mostrare la sua
prontezza nell’ubbidire.
Ci fermiamo per qualche spunto di riflessione sul primo sogno: la vocazione di san Giuseppe.
San Giuseppe è un giovane che ha un suo progetto, non è una lavagna bianca; ha un mestiere, è sposo di Maria, ha nel cassetto il sogno di ogni uomo all’inizio di una stagione nuova della sua vita.
Di fronte alla realtà della gravidanza di Maria, san Giuseppe compie un discernimento umano, naturale, giusto, anche secondo la Scrittura e gli insegnamenti che ha ricevuto. La conclusione non può essere che quella di rinunciare a Maria. Il vangelo dice che san Giuseppe “pensa”; non è poco, anche per noi.
San Giuseppe ascolta quanto l’angelo gli va dicendo. La realtà non viene stravolta, ma è del tutto diversa la lettura, la ermeneutica di questa stessa realtà. Fare discernimento vuol dire accettare la realtà per quella che è, e, nello stesso tempo, cercare di coglierne il senso profondo.
San Giuseppe fa propria la lettura della realtà presentata dal messo celeste. In tale atteggiamento inizia l’ubbidienza nella fede di san Giuseppe, perché sulla Parola si affida a Dio accettando di partecipare al disegno della salvezza.
Dice l’evangelista Matteo che “si svegliò”. Forse anche noi siamo chiamati a svegliarci, per essere capaci di ascoltare, per essere aperti alla Parola, per fare nostro il disegno del Padre.
E così san Giuseppe accolse Maria in casa sua. Non prese Maria “per sé” indicando un possesso, ma “con sé” indicando una condivisione, uno stare accanto, un camminare insieme sulla via annunciata loro dall’angelo.
Questo paragrafo termina con due annotazioni sull’educare di san Giuseppe.
La prima: “Giuseppe, nel suo ruolo di capo famiglia, insegnò a Gesù a essere sottomesso ai genitori secondo il comandamento di Dio”.
La seconda: “Nel nascondimento di Nazaret, alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre”.
Un educare secondo la legge, ed un educare che va oltre la legge, perché porta alla scoperta del disegno di Dio su di sé.
- Padre nell’accoglienza
San Giuseppe accoglie Maria in casa sua senza mettere condizioni preventive, lascia da parte i suoi ragionamenti ed assume la piena responsabilità di avere accolto la Parola del Signore. Scrive papa Francesco: “La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie”.
Anzi: l’accoglienza è un modo attraverso il quale si manifesta nella nostra vita la fortezza, un dono dello Spirito Santo.
Ed è lo stesso atteggiamento di accoglienza che ci rende capaci di accogliere gli altri, “così come sono, riservando una predilezione per i deboli, perché Dio sceglie ciò che è debole”.
C’è un parallelismo molto chiaro: accogliere la nostra realtà da una parte è non avere paura e fidarsi di Dio; dall’altra è maturare atteggiamenti di accoglienza e di misericordia verso tutti, specie verso gli umili, i poveri, gli ultimi.
Questo capitoletto termina con una ulteriore annotazione di carattere pedagogico, che pare perfino esagerata. “Voglio immaginare che dagli atteggiamenti di Giuseppe Gesù abbia appreso lo spunto per la parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso”. Una educazione ricca di misericordia, al di là di ogni predica, sa aiutare profondamente il cammino di ogni giovane, anche nei momenti più delicati e difficili.
- Padre dal coraggio creativo
“Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere”, così nella Lettera. L’obbedire di san Giuseppe chiede creatività, sapere prendere decisioni, assumere la responsabilità del custodire Gesù e Maria. Non si tratta di un ubbidire passivo.
Scrive ancora papa Francesco: “Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare”.
E’ la parte della Lettera più vicina alla situazione del nostro tempo, tempo di pandemia, e papa Francesco trova risposta ai tanti perché che oggi rivolgiamo anche al Signore.
L’accento cade sulla vita della Famiglia di Nazaret in Egitto, tempo nel quale il coraggio creativo di san Giuseppe ha dovuto pensare e realizzare una nuova vita per la sua famiglia. Del tutto ovvio il pensiero per i migranti di oggi, per i quali papa Francesco invoca “San Giuseppe speciale patrono per loro”.
Nella seconda parte il discorso viene riportato a san Giuseppe custode di Maria e di Gesù. Anche noi siamo invitati ad essere custodi di Maria e di Gesù. “Da San Giuseppe – scrive papa Francesco – dobbiamo imparare la medesima cura e responsabilità: amare il Bambino e sua madre”. Mi viene in mente il venerabile don Reffo che diceva che i veri devoti chiedono a san Giuseppe di imparare da lui ad amare Gesù e Maria.
- Padre lavoratore
Ancora una annotazione su san Giuseppe educatore: “Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità, e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro”. Papa Francesco parla del lavoro quale collaborazione all’opera della salvezza, quale partecipazione alla costruzione di un mondo più umano perché ricco di giustizia e di pace, quale occasione della propria maturazione umana e cristiana.
Il pensiero del papa va al mondo del lavoro, a chi lo ha perso, a chi ancora non si è inserito nel mondo operaio.
Sono pagine che ci riportano ancora una volta al nostro carisma che ci invita ad essere apostoli nel mondo operaio, specie in favore di ragazzi e dei giovani operai.
- Padre nell’ombra
Il riferimento è ad un famoso scritto di un autore polacco, intitolato L’ombra del Padre.
Il capitoletto è dedicato totalmente al senso dell’essere padre alla luce di san Giuseppe.
“Padri non si nasce, lo si diventa”, afferma il papa, perché oltre una paternità biologica c’è una paternità spirituale, un farsi carico dell’altro in modo totale per la sua crescita integrale, umana e cristiana.
“Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze”, leggiamo nella lettera. E quindi di saperlo lasciare andare.
E’ in questo contesto che papa Francesco parla di un cuore casto, come quello di san Giuseppe e del significato di una logica del dono che abbandona la logica del sacrificio. E’ un breve trattato di spiritualità che tocca le corde più intime del cuore, che fa dire al papa: “Lì dove una vocazione matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione”.
Infine, l’educazione è a servizio del mistero del figlio ed è un valido aiuto perché il figlio possa poi rivelare nella sua vita tutta le potenzialità della sua vocazione.
Siamo tutti chiamati nella nostra opera educativa ad essere “segno” di una paternità trascendente, vera e reale, cioè “siamo tutti sempre nella condizione di Giuseppe: ombra dell’unico Padre celeste”.
Per noi che ci chiamano “padri” (e “madri”) è una bella responsabilità!
- Conclusione
Siamo invitati a crescere in amore verso san Giuseppe, ad implorare la sua intercessione, ad imitare le sue virtù e il suo slancio.
Un anno di san Giuseppe è un cammino da compiere, un processo da avviare. Sono tanti gli spunti nella Lettera, che ciascuno può leggere e meditare personalmente e in comunità.
“Non resta che implorare da san Giuseppe la grazia delle grazie: la nostra conversione”. Conclude così il papa prima di donarci una preghiera rivolta san Giuseppe.
E’ una lettera densa di spunti di teologia della storia della salvezza, di pedagogia concreta, di ascetica e di spiritualità, che ci aiutano veramente a cogliere la grandezza di san Giuseppe.
E’ una lettera per i nostri giorni nei quali sentiamo proprio il bisogno di un patrono, di un patrocinio, di san Giuseppe “patrono della Chiesa universale”.
Ogni augurio di buon “anno di San Giuseppe”.
Pregiamo con papa Francesco:
Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe,
mostrati padre anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.
Roma 23 dicembre 2020
p. Tullio Locatelli
padre generale
NEWS
Altre news
BUON NATALE....
Gesù significa: "Dio salva". La venuta di Gesù, la sua nascita è infatti la nascita del Salvatore. Ma che ce ne facciamo di un salvatore? Abbiamo veramente bisogno di uno che ci salvi? Forse alcuni di noi penseranno che certo ne abbiamo bisogno, per poi riconoscere che, nella vita pratica, molto spesso o quasi sempre la salvezza ce la procuriamo da soli. E la fede che diciamo di avere in Lui è in realtà più fede in noi stessi e nelle nostre forze. Lasciamoci salvare! Lasciamo che la Sua venuta sia la nostra salvezza. Se il suo nome è Gesù o, come ha detto il profeta, "Emmanuele" (Dio-con-noi), anche "Salvatore" come nome fa al caso suo. Lui "Salvatore" e noi "Salvo" (Salvato). Lasciamoci salvare. Facciamolo fare a Lui che se ne intende di queste cose. Ecco arriva. È vicino. Apriamogli la porta. Buon Natale di pace e speranza per tutti.
25 Dicembre 2024