P. Alberto Ferrero

25 Febbraio 1941 / 19 Marzo 2020

 

Ancora un lutto in questi tempi tristi di coronavius, la morte del confratello p. Ferrero Alber- to, di anni 79, della comunità di Valbrembo (BG), anche se residente da qualche anno nella casa di riposo “Casa Serena” in Brembate di Sopra (BG). Proprio da lì, già da qualche gior- no, erano arrivati in comunità notizie che segnalavano l’aggravarsi della situazione fino alla sera del 19 marzo, quando è stato confermato il suo decesso. Alla tristezza della perdita, si aggiunge anche l’impossibilità di avvicinare le persone care e assisterle negli ultimi momenti della vita. Ci resta solo il segno di una preghiera corale come famiglia religiosa e invocare la misericordia di Dio.
P. Ferrero Alberto nasce il 25 febbraio 1941 a Torino, e la sua famiglia è inserita nella comuni- tà parrocchiale di Nostra Signora della Salute. Frequentando l’opera giuseppina, avvia i primi passi di discernimento vocazionale per svolgere il noviziato nel 1957-58 a Vigone (TO). Quindi gli studi superiori nello scolasticato di Ponte di Piave dal 1959 al 1962, il tirocinio tra diverse esperienze: Pinerolo-S. Margherita (1959-60), Valbrembo (1962-63), Bergamo (1963-64). Si trasferisce poi a Viterbo per gli studi di teologia e durante questo periodo emette la professione perpetua il 23-10-1964 e riceve l’ordine sacerdotale il 28 giugno 1969 a Tori- no, proprio nella sua chiesa “Nostra Signora della Salute”.
Il primo anno di ministero sacerdotale (1968-70) lo vede impegnato a Rivoli nella respon- sabilità di catechista dei ragazzi, e l’anno seguente si trasferisce nella parrocchia a Milano come docente di religione e assistente in oratorio (1970-76). Quindi, assume la responsabilità come direttore del seminario di Valbrembo (BG) per tre anni, ma preferisce essere sollevato dall’incarico trasferendosi a Sommariva Bosco (CN). Dal 1982 al 1988 è attivo a Nichelino, prima come docente e animatore del Centro di Formazione Professionale e poi anche direttore della comunità. Dal 1988 fino al 1994 ritorna a Valbrembo (BG), sempre come insegnante e animatore spirituale. Nel 1994 lo troviamo a Milano come vicario parrocchiale fino al 2010. Ancora un soggiorno a Sommariva Bosco dal 2010 al 2013, per stabilirsi infine a Valbrembo (BG) fino ai giorni nostri. Dal 2015, per l’aggravarsi del suo stato di salute ed il progredire dell’Alzheimer, viene ricoverato nella Casa Serena, residenza sanitaria assistenziale del co- mune di Brembate di Sopra (BG). Con gratitudine ricordiamo i medici e gli operatori che hanno garantito assistenza, cura e professionalità fino alla fine.
Affidando alla misericordia di Dio questo nostro fratello, lo ringraziamo per l’esempio e la testimonianza di vita consacrata che ci ha donato nella fedeltà alla propria quotidianità sempre in uno stile di umiltà e di disponibilità. Sempre consapevole delle sue fragilità, sia per uno stato di salute fisica un pò precaria fin da ragazzo, sia per un senso di inadeguatezza psicologica e spirituale, aveva sempre reagito con determinazione ricorrendo alla preghiera come strumento fondamentale per ascoltare e seguire la volontà di Dio. La sua autentica sen- sibilità lo rendeva particolarmente attento anche nell’azione educativa con i ragazzi, in una tensione costante a garantire loro formazione umana e spirituale. La sua grande passione per la montagna lo portava a recuperare riposo e energia, ma soprattutto gli consentiva di ricari- carsi per cimentarsi nel cammino quotidiano. Su questa passione per la bellezza della natura, aveva contagiato ragazzi, giovani e tanti amici e amiche, incontrati nel suo servizio educativo e pastorale. Alcune testimonianze di chi lo ha conosciuto da vicino, possono ravvivare il ricordo della sua figura.
Da amico e compagno di ordinazione sacerdotale, p. Pino Fossati lo ricorda così:
“A don Alberto mi legava una fraterna amicizia, fatta di fiducia e di confidenza, nata dai tanti anni vissuti assieme nel cammino formativo e rafforzata, dopo l’ordinazione sacerdotale, con relazioni costanti, anche se in questi ultimi anni i contatti si sono diradati. Se dovessi dire qual è la caratteristica che ha contraddistinto don Alberto, mi sento di dire che è stato un giuseppino che ha vissuto intensamente la fede: tutti gli avvenimenti vedeva alla luce dell’a-
more misericordioso di Dio e tutte le situazioni interpretava alla luce di questo amore, come i non pochi trasferimenti di comunità che l’obbedienza gli ha chiesto. La Parola di Dio era la sua luce e la sua forza: spesso lo vedevo con la Bibbia in mano e con una matita con cui sottolineava alcuni versetti e segnava su un quaderno le sue riflessioni. Uomo di preghiera, nella sua missione apostolica è stato veramente animato dalla passione del “ne perdantur”: portare le persone, soprattutto i giovani, ad incontrare il Signore e ad una vita cristiana gio- iosa e fedele. E in questo metteva il massimo impegno di preparazione”.
Con affetto e gratitudine, per la sua presenza amichevole nel tempo del discernimento voca- zionale, p. Mario Parati ricorda così alcuni tratti della vita di p. Alberto.
“Forse non tutti lo sapevano, ma CICHIN era il nickname che usavamo a volte per chiamare affettuosamente d. Alberto Ferrero, che due malattie crudeli si sono portato via questa notte ... anche se sono state le mani salde e forti del “Buon Dio” (come d. Alberto chiamava sem- pre il Signore) a prenderlo, a liberarlo da tanta sofferenza e a portarlo in quella luce e in quella pace, dove né l’Alzehimer, né il Coronavirus possono fargli più alcun male. Sì perché, come tutti sappiamo, il morbo di Alzheimer, con la sua perfida e lenta azione devastante, di- strugge la vita delle persone...Per questo è stata una gioia immensa e un’emozione profonda andare alcune volte a trovare d. Alberto, sia a Bergamo che a Brembate di Sopra, e sentirsi chiamare per nome entrando nella stanza, quando tutti mi dicevano che non mi avrebbe rico- nosciuto: “Ciao, Mariolino! Allora hai imparato le lingue dell’India e dell’Africa?”. Quanto al coronavirus, lo conosciamo poco, ma abbiamo capito che è altrettanto crudele e sembra voler cambiare la vita delle persone e della società intera. Fa morire in solitudine molti ma- lati, con l’aria che manca e nemmeno una mano da stringere...
Se sono Giuseppino e prete lo devo molto anche a d. Alberto, che nei “ruggenti anni 70”, quando ero adolescente e animatore all’oratorio “Murialdo” di Milano, un giorno mi disse: “Mente e cuore ce li hai; se Lui ti chiama, mettiti in cammino”. Ed è lui che mi ha accompa- gnato con affetto come padre spirituale, come prete che ha pregato per me tante volte, che ha pronunciato l’omelia nella mia prima Messa e che mi ha scritto su uno dei suoi tanti biglietti, che conservo nel breviario da 40 anni: “Che tu possa amare tutti e tutto al ritmo della Trinità, col canto della tua giovinezza consacrata. Non è più Mario che vive, è Cristo che vive in Mario ...”.Sugli anni trascorsi insieme a Milano, a Sommariva del Bosco, a Nichelino ... ci sarebbe da scrivere un libro e una miriade di ricordi incancellabili: i ritiri, le camminate in montagna, le adorazioni, i libri di meditazione, le raccolte carta, i gruppi, le infinite chiacchierate sotto le stelle, i sacramenti, la Parola di Dio, le attività con i ragazzi, i vecchietti soli da andare a trova- re, ... impossibile dire tutto, ma tutto resta per sempre nel cuore e nella mente. Come ha scritto de Saint-Exupéry: “Non so dove vanno le persone quando scompaiono, ma so dove restano”. E infine, oltre alla riconoscenza al Signore per aver messo sul mio cammino questo prete e questo Giuseppino, non posso non dire un grazie commosso a Fulvia Briasco, un’innamo- rata del Murialdo e dei Giuseppini. Magari tutti la conoscono per i suoi disegni che hanno viaggiato in tutto il mondo murialdino, ma forse non tutti sanno che abbiamo scherzato con lei tante volte, dicendole che i suoi volti del Murialdo sembravano sempre quelli di d. Alberto (ma anche di qualche altro confratello!). Forse non è del tutto vero, ma se anche lo fosse, vuol dire che lei, come migliaia di altre persone che l’hanno incontrato, hanno visto davvero nei suoi tratti e nel suo cuore qualcosa del tocco e della carezza del Murialdo: un “amico, fratello e padre” come lui! E Fulvia, nonostante la sua età avanzata, gli è stata vicina per tanti anni, fino all’ultimo, con una fedeltà, una tenacia e una dedizione che hanno impres- sionato tutti noi e di cui, credo, nessuno di noi confratelli sarebbe stato capace. Con la sen- sibilità che solo una donna e una mamma come lei poteva avere, quella che a noi sembrava incomunicabilità con d. Alberto, diventava invece affetto, tenerezza, comunione di sguardi, di sorrisi, di gesti ... in cui la memoria, i nomi o le parole hanno ben poca importanza! Grazie, Fulvia!
Insieme alla comunità giuseppina di Ibadan in Nigeria, mi unisco nella preghiera di suffragio per d. Alberto e per tutti quelli che ancora stanno soffrendo e lottando nel mondo, ma anche nell’impegno a fare tesoro di questi esempi per rinsaldare i legami tra di noi... e soprattutto quelli con il “Buon Dio”! Arrivederci, Cichìn!”
Infine, ancora un ricordo affettuoso di Beatrice, una dei tanti giovani da lui incontrata a Mila- no, che nel disorientamento generale e drammatico del coronavirus e alla notizia della morte di don Alberto, rammenta preziose parole del prete torinese.
“Lo sanno tutti che per fare un salto bisogna allontanarsi e prendere la rincorsa; io ci sto provando, ma quando arrivo al limite mi blocco perché non è facile parlare della morte, questa cosa disgustosa che è entrata di prepotenza nella via delle nostre case, nascondendosi dietro la mascherina dei numeri anonimi, delle aree territoriali, degli ospedali da campo, della perizia dei sanitari, delle trasmissioni televisive che alleggeriscono la solitudine esi- stenziale di noi poveretti costretti a casa, degli applausi dei balconi.
Quando la morte entra dentro di te, portandosi via qualcuno dei tuoi cari, che non hai potuto neppure salutare e che come un macabro dono ti verranno restituiti in una scatoletta piena di cenere, allora capisci che è tutto vero e non puoi più rimandare la verifica della tua vita. Capisci che Dio non è la risposta, ma è la domanda. Dio è quello che all’inizio dei tempi ti ha chiesto: “Tu da che parte vuoi stare? Vuoi fare della tua vita un salto nel vuoto, aggrap- pandoti a tutte le inezie che ti capitano sotto mano, per usarle e manovrarle a tuo piacimento, oppure vuoi scegliere di far parte di un progetto?”.
Queste cose ce le ripeteva don Alberto, un prete torinese, giuseppino del Murialdo, arrivato fresco di ordinazione al Lorenteggio di Milano, che se ti incontrava per la strada, ti fermava e diceva: “Vedo qualcosa di speciale in te, mi piacerebbe diventare tuo amico”. Lo diceva con tanta convinzione che ci siamo “cascati” in tanti e con lui abbiamo fatto ritiri spirituali, adorazioni, catechesi, campi di lavoro, follie del tipo di andare con i figli piccoli in Friuli quando c’è stato il terremoto, per mesi, per anni. E poi la montagna: diceva che quando ar- rampichi la montagna è una metafora di Dio: tu hai bisogno di lei o di Lui; farne parte è un privilegio che ti viene concesso.
Si sono dipanati gli anni e don Alberto è andato un po’ qua un po’ là; alla fine è diventato direttore del seminario di Valbrembo, vita diversa, altre cose, ma i molti amici degli inizi sono rimasti sempre molto legati, anzi qualcuno è uscito dal gregge ed è diventato una pietra viva della Chiesa. La notte di san Giuseppe don Alberto è morto per il coronavirus all’ospedale di Bergamo. Noi all’inizio non ci abbiamo creduto, poi ci siamo rimasti male perché non aveva ancora risposto alla domanda che ognuno di noi non aveva mai avuto il coraggio di fargli: “Che cosa avevi visto di speciale in me?”
Dopo aver percorso tanti sentieri sulle montagne e verso cime ardite, preghiamo insieme con “grande fiducia” San Giuseppe, patrono della buona morte, perché ti prenda per mano e ti accompagni verso la contemplazione della luce eterna.

P. Giuseppe Rainone
Superiore Provinciale

Il rito funebre di p. Alberto si è svolto in modo essenziale con una benedizione il mattino del 21 marzo, nel cimitero di Paladina (BG), e la salma è stata sepolta vicino a p. Franco Verri e al signor Mario Bussi (già deceduto 10 anni fa).